CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte settima)

 

8. ARCHITETTURA ARABA – CLIMA CALDO SECCO

Parlare di architettura islamica significa indicare qualcosa di più di un semplice modello culturale, ma un insieme di tipologie architettoniche in grado di rispondere attraverso strumenti semplici a un clima particolarmente secco come quello che si può trovare lungo tutta la costa settentrionale del continente africano, in medio oriente, nella penisola arabica e nell’altopiano anatolico.

In tutte queste regioni, pur con qualche variazione, il clima è infatti caratterizzato da notevole aridità, una elevata escursione termica giornaliera, una temperatura media elevata, una elevata insolazione e infine da venti variabili e che possono essere carichi di sabbia e polvere. L’adattamento alle condizioni climatiche si è senza dubbio realizzato attraverso un lungo processo in cui gli elementi culturali e religiosi si sono fusi con le conoscenze tecniche maturate attraverso l’esperienza empirica. Se la si analizza a posteriori si possono mettere in luce diversi e distinti livelli di adattamento legati ai seguenti aspetti:

  • la forma degli edifici
  • la tipologia delle murature
  • l’organizzazione distributiva interna
  • le aperture
  • i sistemi di ventilazione e umidificazione

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La struttura tipica dell’abitazione è quella della casa in muratura di tipo mediterraneo, precedentemente descritta, con la caratteristica presenza di patio interni. Si tratta di spazi vuoti su cui si affacciano le diverse stanze dell’edificio. Rappresentano il fulcro distributivo dell’edificio. Di forma quadrata o rettangolare, possono essere più o meno complessi, racchiusi da semplici pareti o da porticati su uno o più lati, su uno o più piani. Il patio ha una precisa funzione termico-convettiva in grado di mitigare le sollecitazioni ambientali.

 

Il funzionamento della corte può essere descritto considerando tre fasi distinte (Talib 1984).

La prima fase corrisponde alle ore notturne in cui l’aria fresca scende nel contenitore costituito dalla corte e penetra anche nelle diverse stanze che vi si affacciano. Contribuisce al raffreddamento anche l’azione delle diverse superfici (tetto piano, parete della corte, …) esposte verso la volta celeste le quali si raffreddano per radiazione. Le murature, i pavimenti e gli arredi sono raffreddati durante la notte e permangono a temperature relativamente basse fino al tardo pomeriggio.

Nella seconda fase durante le ore centrali del giorno il sole colpisce direttamente le diverse superfici che delimitano la corte. L’aria si scalda e tende a salire generando correnti ascendenti che ventilano i diversi ambienti che si affacciano sulla corte. In altre parole la corte funziona come un camino. In ogni caso gli spessi muri e solai esposti alla radiazione solare ritardano il flusso di calore verso gli ambienti interni di molte ore (fino a 12).

Nella terza fase corrispondente al tardo pomeriggio si hanno le temperature più alte dell’aria, anche il pavimento della corte e l’interno della casa si riscalda ancora generando notevoli correnti convettive che dall’interno dell’edificio vanno verso l’esterno attraverso le aperture sulle pareti esterne. La maggior parte dell’aria fresca intrappolata nelle stanze fluisce all’esterno prima del tramonto. Mentre le altre abitazioni proiettano lunghe ombre limitando la radiazione, la temperatura dell’aria tramontato il sole tende a scendere rapidamente. La corte e i tetti rapidamente si raffreddano scambiando calore per radiazione con la volta celeste e nuova aria fresca inizia a scendere nella corte completando il ciclo.

Un ulteriore elemento in grado di migliorare le prestazioni del patio è la presenza di una tenda stesa a livello dei tetti sulla corte. Durante il giorno contribuisce a mantenere fresca l’aria per un periodo più lungo schermando le superfici del patio. La stessa tenda viene bagnata e il raffreddamento evaporativi contribuisce ulteriormente al controllo del microclima. Sempre al fine di sfruttare il raffreddamento evaporativo nel patio sono posizionate fontane o vasche d’acqua. Questi spazi sono poi spesso piastrellati in ceramica, almeno fino ad una certa altezza in modo che le reiterate bagnature non deteriorino le murature.

Il sistema dei patii era in uso fin dal passato in molte casbah per esempio nei palazzi signorili della Casbah di Algeri (le case della vecchia Algeri però, non hanno fontane all’interno poiché l’umidità dell’aria è troppo elevata e l’evaporazione sarebbe molto limitata).

Un ulteriore elemento distintivo dell’architettura araba è la limitatissima presenza di aperture sui fronti degli edifici rivolti verso l’esterno. Quando si affacciano sullo spazio pubblico sono schermati da graticci che hanno sia la funzione coranica di nascondere le donne alla vista dell’estraneo, sia quella energetica di filtrare la radiazione solare sulle pareti, evitandone il surriscaldamento, consentendo inoltre la ventilazione.

Questi graticci esterni, realizzati con mezzi modestissimi, hanno determinato un mezzo di espressione tra i più variati nella storia del costruire. La loro bassissima massa e il materiale (sono fatti di listelli di legno) non accumula calore, e le zone d’ombra che determinano creano un flusso di aria convettivo dalla base alla sommità dell’edificio aumentandone la ventilazione.

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia

CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte sesta)

 

 

7. LA CAPANNA DEI NOMADI – CLIMA TEMPERATO

Due esempi di architetture in climi temperati sono le capanne dei cacciatori-pastori nomadi di due aree geografiche molto lontane, le pianure del nord America e le steppe della Mongolia.

La tipica tenda degli indiani americani che vivevano nelle grandi praterie del Nord America viene chiamata tepee. Essa è costituita da una struttura conica di pali di legno su cui e tesa una tenda costituita da pelli di animale cucite insieme. Come tutte le tende è una struttura che utilizza il minor quantitativo di materiale per proteggere il maggior volume possibile, facile da montare e smontare e da trasportare nelle frequenti migrazioni di queste popolazioni. Un’ampia apertura nella parte alta permette l’uscita del fumo prodotto dalla combustione di legna nel focolare interno.

A seconda delle esigenze e della direzione del vento l’apertura può essere orientata o anche chiusa completamente. La forma conica permette di smaltire velocemente l’acqua delle precipitazioni e di resistere anche a venti intensi. Nei mesi freddi una seconda pelle può essere stesa all’interno creando una intercapedine in grado di garantire un miglior comfort agli occupanti.

Un ulteriore protezione invernale è costituita da un paravento costruito tutto intorno alla tenda con rami e fronde. Nel periodo estivo la tenda può essere arrotolata in modo da lasciare ampie aperture per la ventilazione naturale.

Una struttura assai sofisticata è quella della Yurta mongola. La struttura delle pareti è costituita da graticci ripiegabili con una disposizione a pantografo di legno di salice. Il tetto è a cupola o conico realizzato con una serie di elementi che da bordo esterno vanno ad appoggiarsi ad un anello di compressione al centro della cupola. Attraverso questo anello esce il fumo del focolare e si garantisce la ventilazione della tenda.

Sulla struttura vengono disposti delle tele felpate fissate con corde. Durante la stagione invernale sono utilizzate fino a 8 strati in grado di combattere temperature molto basse e venti intensi. In estate un unico strato viene mantenuto e alcune aperture possono essere operate arrotolando il materiale.

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia

CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte quinta)

 

6. DUE ESEMPI DI ARCHITETTURA MEDITERRANEA: IL TRULLO E IL DAMMUSO

Nell’area mediterranea si ritrovano una serie di abitazioni rurali che avevano originariamente un uso residenziale-agricolo e servivano come struttura stagionale a carattere precario che esaurita la loro funzione potevano essere demolite. Si tratta dei trulli e pajiari pugliesi, i dammusi dell’isola di Pantelleria.

Il trullo successivamente si è trasformato in residenza stabile, mantenendo la forma ma cambiando tecniche costruttive (muratura e recentemente calcestruzzo). Oggi i trulli sono circa un migliaio presenti in Puglia soprattutto nell’area di Alberobello, vincolati come monumento nazionale dal 1930, sono entrati recentemente a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il comportamento del trullo è simile a quello di un ambiente ipogeo: la grande massa di pietra, spesso associata ad una vasca d’acqua di accumulo sotterranea, diminuisce, d’estate, la temperatura interna rispetto a quella esterna di 6-7 °C.

Questo garantisce un buon raffrescamento estivo, connesso alla ventilazione attraverso le forature della pseudo-cupola ed al colore chiaro (calce) della superficie esterna.

La forma compatta a pianta quasi quadrata e le coperture coniche costituiscono un buon compromesso tra difesa dalla radiazione e utilizzo dei guadagni solari. In inverno il calore accumulato nella cupola durante il giorno viene trasmesso di notte, anche all’interno degli ambienti.

L’architettura del trullo ruota attorno all’innesto di una forma conica su una sottostante struttura cubica.

La muratura a secco, presenta un elevato spessore (1-2 m). Singolare è la falsa cupola, molto leggera e di spessore decrescente verso la cuspide: realizzata mediante la sovrapposizione di filari concentrici chiusi alla sommità da un tipico elemento cuspidato che termina con una sfera o un pinnacolo.

Le parti significative del trullo di Alberobello sono due: lo spazio centrale quadrato coperto dalla falsa cupola, cui corrisponde esternamente il tetto conico e alcuni spazi laterali con funzioni specifiche (dormire, cucinare) che si affacciano direttamente sul vano centrale. Le aperture sono limitate alla porta d’ingresso quindi, l’interno è molto buio. La perforazione per la ventilazione è limitata alla canna fumaria del focolare che permette una ventilazione trasversale notturna espellendo aria calda e richiamando l’aria fresca esterna da apposite fessure nella parte bassa della porta.

Un tipo di edificio rurale con caratteristiche simili al Trullo tipico dell’isola di Pantelleria è il Dammuso.

Anche l’utilizzo del dammuso era originariamente stagionale e agricolo, oggi viene utilizzato anche come residenza stabile.

A Pantelleria, il cui clima è molto ventoso di conseguenza la forma è compatta e rettangolare, con possibilità di aggregazione di più moduli. L’orientamento è tale da offrire la minor superficie al vento dominante (NORD-EST). La struttura è costituita da una doppia parete in muratura di pietre a secco con intercapedine di minuto pietrame e da una volta a botte in pietra, impermeabilizzata con intonaco di calce. Le aperture sono costituite dalla porta e da piccole aperture rotonde, dette “occhi di pietra”, che permettono la ventilazione notturna e una debole illuminazione diurna. Le strategie di raffrescamento utilizzate sono: smorzamento dei flussi di calore da parte della massa muraria; dissipazione di calore per reirraggiamento notturno della volta; ventilazione notturna che dissipa il calore accumulato durante il giorno.

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia

CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte quarta)

 

5. LA CASA MEDITERRANEA

Per casa mediterranea intendiamo la costruzione diffusa attorno al bacino del Mediterraneo in una area che comprende la zona delle isole Greche, le coste dell’Africa del Nord, la parte sud della Spagna e dell’Italia e in parte della Francia. Nel modo di costruire in tutte queste diverse aree geografiche si ritrovano alcuni caratteri costanti derivanti dal dover affrontare un clima caldo con lunghi periodi secchi.

La tecnica costruttiva esclude per quanto possibile strutture lignee, generalmente difficili da reperire in loco.

  • Le murature sono realizzate in mattoni crudi, mattoni poco cotti, tufo o pietrame.
  • Gli spessori sono generalmente tra i 50 cm e 100 cm, in rapporto al differente carico sopportabile dai vari materiali indicati.
  • Le coperture sono su travature leggere in legno, o a volte in mattoni o conglomerati di calce o bitume.
  • I volumi sono del tipo chiuso, con scarse e piccole aperture verso l’esterno.
  • Nessuna sporgenza di gronda e rari aggetti costituiti per lo più da scale esterne al fabbricato.
  • Le pavimentazioni sono in terra battuta, impregnata con olio cotto o resina, o in piastrelle di terracotta.
Bacino del Mediterraneo con ambiti climatici mediterraneo (caldo con limitate precipitazioni) e semiarido (caldo con precipitazioni quasi assenti).

Il problema climatico fondamentale che questo tipo di edifici è chiamato a risolvere è quello connesso con un clima caldo e secco caratterizzato da cielo limpido per la maggior parte dell’anno. I mezzi usati per fare questo sono essenzialmente quattro:

  • Il colore bianco delle pareti e dei tetti, e qualche volta delle stesse strade (vedi Mikonos, ad. es.). Il bianco riflette circa il 70% della radiazione solare.
  • la distribuzione delle abitazione attorno a piccole corti (patios), con spazi ristretti tra casa e casa. Gli spazi così chiusi e ridotti creano ampie ombre, che sono incrementate con tende tese sulle corti. Questi spazi ridotti, hanno anche la funzione di trattenere l’aria fresca che si genera durante la notte per irradiazione delle superfici verso il cielo.
  • l’effetto rinfrescante dell’evaporazione dell’acqua di fontane, o giare installate nel patio, o dell’acqua spruzzata sulle pareti e sulle tende usate come schermature.
  • l’inerzia termica delle spesse strutture murarie su cui si aprono pochissime aperture e di misura ridotta.
Tipica costruzione mediterranea: Isola di Skos (Grecia);
Isola di Stromboli (Italia)

Da un punto di vista urbano si ha un tessuto caratterizzato da spazi comuni, strade e piazze, “scavati” nella massa compatta di un tessuto continuo di media altezza (2-4 piani). Si ottengono così zone esterne ombreggiate e che beneficiano della presenza di brezze che si incanalano lungo questi percorsi obbligati. I singoli edifici si schermano l’un l’altro esponendo complessivamente poca superficie alla radiazione solare.

Disposizione del tessuto urbano rispetto ai venti dominanti

La grande massa totale del sistema urbano attenua con la sua capacità termica le escursioni di temperatura. La direzione della trama urbana è spesso collegata all’allineamento con le brezze fresche del mare e ruotata rispetto ai venti caldi continentali. Maggiore è il rapporto fra altezza fronti degli edifici/larghezza spazio pubblico, minore è la temperatura nello spazio aperto e nell’edificio. Mano a mano che si scende di latitudine infatti, le strade diventano sempre più strette. E’ questo uno degli elementi caratteristiche del tessuto urbano islamico. Per un maggior controllo bioclimatico è possibile coprire la strade con sistemi di ombreggiamento fissi, permeabili al vento (pergole) oppure con sistemi mobili (tende).

Spazio di transizione, portico

L’architettura urbana mediterranea è caratterizzata poi della presenza di spazi di transizione, cioè spazi in cui le condizioni di comfort sono intermedie rispetto a quelle degli spazi chiusi e a quelle degli spazi aperti. Possiamo avere spazi di transizione pubblici (portici e calli), semipubblici (passaggi coperti) e privati (logge e verande).

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia

CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte terza)

 

4. LA BAITA ALPINA – CLIMA FREDDO

Baita (bait in arabo) è la casa di montagna. La sua struttura è definita, costante nel tempo e diffusa in tutte le zona montane dell’Asia e dell’Europa. Nella sua forma più comune è costituita da uno zoccolo in muratura dì pietra che pareggia la pendenza del terreno e da una sovrastruttura in legno. Il tetto è a falde moderatamente inclinate, con ampie sporgenze su tutti i lati. Nella parte anteriore, per quanto possibile esposta a sud, si sviluppa una balconata con strutture in legno. La tecnica costruttiva primitiva consisteva, per la parte in muratura, di pietrame legato con calce e nella parte superiore di tronchi incastrati. I solai e la struttura del tetto sono in legno. La destinazione d’uso prevede nella parte inferiore stalle e depositi, nella parte in legno l’abitazione e nel sottotetto il fienile. La copertura del tetto è generalmente in lastre di pietra, o in tavole e scandole di legno. La struttura in muratura si prolunga fino al tetto in un camino che raccoglie i fumi di un focolare che si trova generalmente nella parte centrale dell’edificio. La massa di pietrame costituisce un notevole volano termico, con conseguente possibilità di agire sul microclima e tutto il calore, compreso quello del condotto dei fumi, agisce in qualche modo sullo spazio abitativo. In queste costanti costruttive e distributive si può facilmente seguire il filo della determinante energetica sia come massimo recupero delle fonti di energia che come attenzione al problema dell’isolamento.L’orientamento a sud è decisamente una costante, che dipende naturalmente dai vincoli territoriali. Le coperture che aggettano servono a proteggere la costruzione in legno dalle infiltrazioni per neve e pioggia, più che a riparare dalla radiazione solare estiva. Il riparo da nord e generato dalla pendenza stessa del terreno, mentre le pareti est ed ovest hanno uno sviluppo ridotto, qualche volta addirittura non esistono, per l’abbassarsi delle falde del tetto. Sul fronte, la balconata è usata quasi sempre per depositi di legna da ardere che è addossata alla parete, realizzando cosi un ulteriore schermo e isolamento. I tralicci anteriori alle balconate servono per far essiccare prodotti agricoli e pelli, tenendoli al riparo dall’acqua.Anche la pendenza del tetto ha una motivazione energetica: lo spesso strato di neve che vi si può depositare, senza scivolare, costituisce un ulteriore isolamento aggiunto, oltre alle tavole e alle lastre del tetto. Uno spessore di mezzo metro di neve, oltre a realizzare un notevole schermo per le infiltrazioni e le perdite di calore per convezione generata dal vento, riduce il coefficiente di trasmissione termica di un tetto tipico in legno di circa la metà.Anche la stalla, posta sotto l’abitazione, ha un senso dal punto di vista energetico. Il solaio in travetti di legno a tavole di 3-4 cm di spessore consente il passaggio del calore generato dagli animali (in quantità rilevante: circa 1 kW per capo), nello spazio vissuto dagli uomini. Lo stivaggio del fieno e altri foraggi nel sottotetto realizza un ottimo isolamento termico, mentre assolve alle funzioni di stoccaggio e di possibilità di distribuzione per gravita nella stalla sottostante.Abbiamo detto che le pareti sono in tronchi connessi. Nei climi più duri le pareti sono doppie, con intercapedine riempita di terra e paglia. Una parete di tronchi di 10 cm di spessore, se ben connessa, ha una trasmittanza K di 0,6 [W/m2K], mentre il K della parete doppia (20 cm di tronchi, 15 cm di paglia e terra, 15 cm di tronchi interni) raggiunge un K di 0,35 [W/m2K]. Le finestre sono di piccole dimensioni, e protette da ante e scuri interni.

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia

CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte seconda)

3. LA CASA RURALE VENETA – CLIMA TEMPERATO

Le strutture abitative che caratterizzarono la campagna veneta fino all’espansione in terraferma da parte della Serenissima Repubblica erano i Casoni. Si tratta di elementari costruzioni dirette discendenti della capanna primordiale realizzate con paglia e fango. Le pareti verticali basse e di notevole spessore erano costituite di mattoni crudi mentre la copertura era realizzata su una struttura lignea con acuti spioventi in canne palustri.

Dopo la caduta di Costantinopoli, l’espansione turca nel levante e la perdita di importanti basi marittime, le attività commerciali legate ai traffici “da mar”, che avevano fatto la fortuna di Venezia presentavano sempre maggiori difficoltà e rischi. Si assistette quindi durante il ‘400 al progressivo investimento degli ingenti capitali commerciali accumulati nel passato dai nobili veneziani in investimenti fondiari. La coltivazione della terra subì una radicale trasformazione tipologica, passando da attività di sussistenza, con produzione di prodotti destinati principalmente all’autoconsumo ad una agricoltura di mercato e di speculazione.

Anche le dimore rurali subirono una trasformazione strutturale. I nobili veneziani portarono in terraferma tipologie edilizie diverse. Accanto al casone di paglia e fango si iniziò a realizzare edifici rurali in muratura in cui lavorare e conservare i raccolti e custodire gli animali. Vennero ampliati ed innalzati i portici costituenti i barchi e le barchesse dell’azienda rurale per destinarli alla raccolta, alla cernita e ad deposito ed essiccamento dei raccolti, in particolare del granturco da poco introdotto e che ebbe immediata e rapidissima diffusione che determino profonde trasformazioni nel sistema colturale agrario, nonché nel regime alimentare delle popolazioni rurali divenendone l’alimento quasi esclusivo.

Gli elementi funzionali della casa rurale veneta cominciarono a delinearsi chiaramente dopo un secolo di dominazione veneziana, cioè verso il 500. La caratteristica fondamentale è data dal “portego” ricavato direttamente nel corpo della casa e aperto sul piano terreno con una serie di archi, quasi sempre a tutto sesto, e nei complessi più importanti, realizzati con altezze differenti a seconda delle necessità dell’apertura. Si hanno così archi di dimensioni diverse se posti di fronte all’abitazione o alle sue pertinenze o alla stalla o al fienile. Al di là di ogni motivazione estetica chiaramente risulta la pratica utilità di una struttura di tale tipo sia come elemento di protezione dall’azione del clima che come comodo spazio per il deposito e il lavoro all’aperto. Il portico può essere anche considerato come un trasferimento in terraferma degli schemi distributivi tradizionali delle abitazioni lagunari e che il signore veneziano abbia voluto così ripetere nelle case rurali dell’entroterra veneto il classico motivo pratico del grande androne passante e porticato, luogo di sosta e smistamento delle merci, che fin dalle origini aveva caratterizzato i fondaci e più generalmente l’edilizia abitativa e mercantile della serenissima.

Il clima della pianura veneta può essere classificato sicuramente come temperato anche se il problema climatico più sentito era quello del lungo e rigido inverno. L’orientazione dell’edificio è sempre lungo l’asse est-ovest in modo da presentare uno dei lati lunghi verso sud in modo da captare nel periodo invernale quanta più energia possibile. Sul fronte nord le aperture sono piccole e limitate al minimo in modo da limitare le dispersioni.

La presenza del portico permette alla radiazione solare di penetrare all’interno dell’abitazione nel periodo invernale quando il sole è basso sull’orizzonte e viceversa impedisce ai raggi solari di penetrare durante il periodo estivo con sole alto sull’orizzonte risolvendo parzialmente il problema del surriscaldamento estivo.

Un secondo elemento di protezione dalla radiazione solare è costituito dalla pergola in genere di vite sul fronte sud e a volte anche su quello ovest e est.

Ulteriore elemento di protezione dal sole estivo è il granaio sottotetto, il quale costituisce sia un elemento fondamentale nell’economia dell’azienda agricola in quanto vi viene compiuta una parte dell’operazione di essiccazione, ma costituisce anche un ambiente filtro. Ben ventilato durante il periodo estivo attraverso l’apertura delle finestre permette di allontanare gran parte dell’energia che colpisce la copertura di per se stessa poco isolata. Chiuse tutte le aperture, nel periodo invernale d’altra parte limitava le dispersioni attraverso la copertura e a questo contribuivano anche i materiali ammassati sul solaio.

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia

CLIMA E ARCHITETTURA: architettura spontanea-bioclimatica (parte prima)

 

1. INTRODUZIONE

Quando si parla di «architettura spontanea» si intende indicare tutte quelle forme del costruire che hanno le loro radici nella tradizione dei diversi popoli. Tutte queste sono caratterizzate da un utilizzo estremamente efficiente delle risorse a disposizione in termini di materiali e energia. Si tratta di una architettura in cui a seconda dell’ambito territoriale, climatico e culturale è possibile individuare degli archetipi ben definiti. La funzione base e costante è quella di creare un riparo dagli agenti atmosferici e su questa agiscono come fattori diversificatori le condizioni climatiche, i mezzi tecnici a disposizione e la struttura sociale.
Per quanto riguarda il clima si può rilevare che agiscono in modo determinante le situazioni limite: cioè che la forma è definita per rispondere prevalentemente al più drammatico dei problemi climatici locali.
Per una casa araba, in mattoni crudi imbiancati a calce, il problema da risolvere è quello della alta escursione termica giorno-notte e della schermatura della radiazione solare, cosa che vale nello stesso modo e con le stesse soluzioni per una casa di indios del Centro America. Le intense piogge invece determinano la forma della capanna tropicale: struttura in legno su palafitte, graticci e ampi tetti spioventi in foglie. La casa in tronchi dei climi freddi si appiattisce sul terreno e si copre di zolle di terra o di spessi strati di paglia per rispondere alle temperature invernali molto basse.
Le forme archetipe valgono e nascono in luoghi e tempi lontani tra loro, con le stesse costanti, in dipendenza solo dal clima e dei materiali a disposizione. La capanna tropicale è la stessa in Polinesia, in Madagascar e nei Caraibi. La casa in mattoni crudi imbiancati si trova nel bacino Mediterraneo come in Messico. L’architettura montana ha le stesse forme e gli stessi rapporti, base in pietra e sovrastrutture fuoriterra in legno, nel Nepal come sulle Alpi. Stesso clima e stessi mezzi generano la stessa forma.
L’Italia, con la sua grande varietà geografica e climatica, rappresenta un po’ una antologia di forme archetipe. Possiamo trovare case in mattoni imbiancati, costruzioni circolari in pietra, abitazioni sotterranee scavate nel tufo, costruzioni montane. Nel seguito si esaminano alcuni archetipi presenti sul territorio italiano e successivamente alcuni esempi presi dalle diverse culture del mondo. In entrambe i casi si cercherà di proporre alcune osservazioni più dirette sul rapporto tra clima e forma del costruito.

2. LE PRINCIPALI ZONE CLIMATICHE

In relazione all’analisi delle architetture spontanee si possono individuare cinque diversi tipi di clima che portano a risposte architettoniche simili: clima freddo, nel quale l’inverno è la stagione dominante, clima temperato, in cui si hanno stagioni fredda e calda di durata simile non particolarmente critiche, clima caldo secco, caratterizzato da estate con elevatissime temperature e scarse precipitazioni, clima caldo umido, in cui temperatura e umidità elevata predominano tutto l’anno, clima caldo secco con breve stagione piovosa.

Nelle zone a clima freddo si hanno inverni particolarmente freddi e lunghi, le primavere sono fresche, le estati temperate e gli autunni lunghi. La severità del clima fa si che siano le basse temperature e le condizioni di vento che influenzano la scelta della forma, della posizione, della organizzazione degli edifici. Gli involucri sono molto spessi e si cerca di ottenere il minimo rapporto superficie/volume, di avere aperture di dimensioni limitate, specie sul fronte esposto ai venti freddi invernali.

Nelle regioni temperate le estati sono calde e umide e gli inverni freddi. Le due stagioni estreme sono separati da due stagioni di transizione con condizioni miti. Le quattro stagioni hanno durata simile. Gli edifici tradizionali in queste regioni sono abbastanza complessi, realizzati pensando alla possibilità di aprirsi o chiudersi verso l’ambiente esterno adattandosi alla variazione delle condizioni ambientali.

Il clima caldo secco è caratterizzato da estati estremamente calde e lunghe con grandi escursioni di temperatura giorno-notte. Gli inverni non sono molto rigidi e in essi si concentrano le scarse precipitazioni. Le abitazioni come nelle regioni fredde sono caratterizzate involucri che fanno da barriera alle condizioni ambientali esterne. La struttura è compatta. Gli involucri molto spessi o la costruzione sotterranea cercano di ritardare gli effetti delle elevate temperature dell’aria esterna durante il pomeriggio fino al fresco della sera e di ridurre le escursioni di temperatura. A causa dell’intensa radiazione e dell’elevata temperatura dell’aria durante il giorno le aperture sono mantenute piccole e vengono aperte durante la notte per consentire l’ingresso dei venti freschi. Corti interne contribuiscono a creare aree ombreggiate e fresche grazie al raffreddamento convettivo e evaporativi. I tetti spesso sono piani dato che non sono necessarie pendenze per smaltire le precipitazioni, sono abitati e di notevole spessore in modo da ritardare l’ingresso dell’onda termica generata dalla notevole insolazione diurna.

Nelle regioni a clima caldo umido si hanno durante tutto l’anno temperature e umidità elevate, l’escursione termica giornaliera è molto limitata dato la costante copertura nuvolosa che limita l’insolazione diurna e la reirradiazione verso il cielo durante la notte. Si ha comunque un certo abbassamento notturno della temperatura con un minimo alla fine della notte, di modo che per migliorare le condizioni interne degli edifici si può utilizzare la ventilazione. Anche durante il giorno le brezze periodiche nelle aree marine possono essere sfruttate per la ventilazione. Le abitazioni in questo tipo di clima hanno bisogno di protezione dalla radiazione solare e dalle intense piogge. Il tetto diventa la parte predominante dell’edificio con pendenze elevate (veloce deflusso delle piogge torrenziali) e ampi sporti a proteggere le pareti e gli abitanti dal sole e dalla pioggia a vento. Spesso gli edifici sono rialzati in modo da esporli meglio alle brezze fresche, proteggere dagli animali e distaccarle dal suolo riscaldato dalla radiazione solare.
Le pareti sono in genere leggere, realizzate con legno, stuoie, graticci, fibre vegetali. Data infatti la scarsa escursione termica non si trae molto vantaggio da pareti massicce.

Un quinto tipo di clima risulta dalla combinazione dei due climi caldi, in esso per la maggior parte dell’anno si hanno temperature elevate e scarsa umidità, si ha però anche una stagione (stagione delle piogge) in cui si concentrano abbondanti precipitazioni e di conseguenza elevata umidità. E’ il clima tipico di alcune parti dell’Africa, del sud-est Asiatico. In questo contesto le abitazioni tradizionali sono caratterizzate da pareti di massa notevole (in genere adobe, impasto di argilla, sabbia e paglia essiccata al sole utilizzata  per costruire mattoni ) combinate con ampi tetti spioventi e con grandi sporti che proteggono le pareti dalla pioggia. Tetti ventilati costituiti da un solaio in fango su cui viene steso una copertura in fibra vegetale sostenuta da un sistema di montanti e traversi, sono particolarmente indicati per questo tipo di clima. Essi infatti combinano una discreta massa con la protezione dalla pioggia e un buon smaltimento del calore estivo. Si trovano in Cameroon presso i Massa, in Nigeria nell’altipiano di Bauchi e in India ad Orissa.

 

Prof. Fabio Peron
Professore associato settore scientifico-disciplinare Ing-Ind 11 Fisica tecnica ambientale
Dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi
Università IUAV di Venezia